Saturno Magazine, Articolo: GIULIANA DONZELLO 

GIULIANA DONZELLO 

 

RAGAZZO CHE CORREVI

 

 

Il ricordo della tua fanciullezza,

o ragazzo che correvi attorno al fuoco

ebbro al limitar del campo

è un bianco inverno dalle bombe

rotto e dal ventre dilaniato,

dove l’inizio di ogni forma

l’estrema notte doma.

Non è di legno il fucile che stringi

tra le mani e continua a sparare

quando improvviso t’inabissi,

non per paura, ma vinto dal dolore.

Mondo fermo è il tuo paese,

squallida stazione desolata.

Nel tempo sospeso l’attesa

non trovi di giorni da abitare,

solo attimi al tuo sacrificio dilatati.

Solitario attende quel prato lontano

il tepore di una casta primavera:

un anno è trascorso e ancora

non è stanco della bufera.

Incide sul foglio il poeta del dolore

parole con lettere di fuoco.

E la materia si fa carne viva e sangue

nell’alba muta su una rossa follia

e sbianca in muti istanti di terrore

in un nuovo inverno trascinata

dove per libertà si muore.

ZAPORIZHZHIA

 

 

Dal campo minato effonde

l’afrore di carne bruciata

dove mani dalle dita scarnite

affondano l’ultimo grido

di una carcassa che giace.

Nera è l’acqua che scava

il cavo letto di un corso vicino

e la vita che brucia è vita

svaporata.

Contaminata è l’anima

di Zaporizhzhia che il vento

a dismisura trascina.

Non ha colore la città d’inverno.

Il tempo si è tinto di bianco

negli occhi di chi allora è stato.

Tempo sottile nel sopravvissuto

che s’illude di vivere ancora,

per un bianco nevoso

che ha nascosto il buio

nel fondo di una culla vuota.

A YANA

 

 

Angelo minuto dalle trecce bionde

per giorni e giorni accanto

ai colpiti in battaglia, ai sanguinanti

di una trincea da evacuare

sotto quei colpi di mortaio che

a Bakhmut non ti hanno risparmiata.

Sereni i grandi occhi tuoi

che han veduto l’indicibile tritacarne

del fronte, eroina che riposi

nel Vicolo degli Eroi in Vinnytsia

per aver condiviso le foto con i feriti

e consolato un cagnolino

dalle esplosioni impaurito.

Dove un muto messaggio

d’affetto e pianto di dolore

nutre e disseta nella terra,

della tua anima il candido fiore.

Yana Rykhlitska, eroina ucraina.

Yana che gioiosa lavorava.

Yana che studiava e insegnava.

Yana che amava.

Angelo dolce che per un atto di viltà

al cielo di Bakhmut s’è involata.

 

 

 

DONNA DI DNIPRO

 

Hanno soccorso una donna

tra i fuggiaschi di Dnipro

gli angeli della guerra;

piangeva un ragazzo a lei vicino

dall’onda d’urto d’uno scoppio ucciso.

Era avvolta in una lorda vestaglia,

le mani nascoste, forse non sua,

forse perché era gelata.

Sincero lo sguardo, come stella

di riviera azzurra, per poche foglie

offerte di tè caldo, grata

alla vita innalzando il bicchiere.

Eppure intermittente cala

un silenzio prevaricato dall’orrore

a impedir la fuga per terre

lacerate e ponti in rovina.

Ai confini della notte

in docile accettazione colta,

i muscoli stremati, gli occhi

inariditi dal perduto pianto,

cerca nella preghiera la luce

del tempo andato, tempo

che da ogni notte è arso.

Smarrito il senno e il cuore

al dolore rassegnato,

respira in un canto accasciata:

nave dalle ferite segnata,

al disarmo destinata.

 

 

L’ULTIMA SIGARETTA

 

 

Digrada l’attesa nella luce

muta di parole, smarrita è l’ora

nell’orologio del tempo

e tu cerchi il sonno che non viene,

per obliare la paura nei sogni

ai quali attingere il balsamo dei ricordi.

In un lontano cumulo di neve ritrovi

il vanto di un soldatino smarrito

e non diresti oggi la lontananza sua,

memoria casta ancor viva in te

eppur senza valore quando solo

nel dolore di una sibilante fucilata,

d’improvviso dal folto spuntata,

assaporavi un caffè all'inatteso amaro

per una brace di sigaretta

che nel liquido nero caduta

ogni sfavillio ha spento

insieme alla tua esistenza:

crudele sciagura che ha sillabato

per te il rintrono della morte.

Tuo non sarà il ritorno all’ingenua

freschezza di quel prato, dove ti tendeva

le braccia tua madre per celarti,

bimbo, sotto il suo caldo seno

gettando la sua ampia ombra.

E con naturalezza su te posava il respiro.

 

(ESTRATTO da: IL SILENZIO DELLE CETRE, Editrice Leonida, Reggio Calabria, novembre 2024)

 

 

 

 

 

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