Saturno Magazine, Articolo: VITO TAVERNA

VITO TAVERNA

 

DEPOSITO BAGAGLIO - IL NUOVO LIBRO DI VITO TAVERNA

 

Da Leonardo Tonini

 Muoiono i poeti / ma non muore la poesia / perché la poesia è infinita / come la vita... cantava Aldo Palazzeschi in Via delle cento stelle, postremo esercizio poetico di una vita lunghissima di letterato e di uomo. E io non solo questa somiglianza vedo in Vito Taverna, letterato, artista, patrono di artisti, recentemente eletto Ambasciatore della Pace per la sua attività con il Convegno che ogni anno, da 35 anni, si tiene al Castello di Sorci. Un convegno di poeti sui vari e molteplici temi della Pace, il disarmo, la giustizia, la Resistenza. Un impegno per la Pace dove chi partecipa si impegna a scrivere testi inediti che promuovano la fine della guerra come soluzione alle controversie, senza se e senza ma, com’è uso dirsi oggi. Pacifismo di Vito Taverna che era quello radicale di Palazzeschi che scrisse due libri contro il fascismo e la guerra, feroci libelli che indagano le cause del militarismo e della mentalità sociale e politica che porta al massacro su una strada di apparenti buone intenzioni.

 

L’età e il pacifismo non sono però le uniche similitudini che accomunano il poeta fiorentino (Aldo) dal poeta di Bibbiena (Vito), c’è in entrambi questa esuberanza creativa, questa indissolubile fiducia nella vita che non è speranza, non è un rimandare la soluzione a un ipotetico futuro, ma è un fare qui e ora, un costruire il mondo che si desidera con le vere e uniche armi che sono concesse agli umani: la perseveranza e l’impegno.

 

L’esuberanza di Vito non è vuoto ottimismo che tutto parifica e appiana, in questi testi c’è l’uomo, con i suoi sentimenti, c’è l’età avanzata, c’è il dolore per la perdita, la solitudine, la malinconia di certe sere, ma tutto questo è vitale perché profondamente il poeta Vito Taverna ha compreso che i sentimenti sono la materia di cui è fatta la vita stessa. Il dolore è ineliminabile, va preso come testimonianza di essere vivi, senza cercare di evitarlo, di non vederlo, ma senza farne un vessillo del proprio io mancato, senza piagnistei e senza fingimenti. A volte non basta una vita per comprendere questa cosa!

 

Vito accetta il dolore dell’esistenza e però appunto non si ferma qui. Sono andato a trovarlo nella sua casa a Scandolaia e stava dipingendo una fioriera, mi disse: “Devo stare attento a non cadere, se mi faccio male, poi non mi rialzo più!” e però questa chiamiamola fragilità fisica non l’ha mica fermato, qualcuno doveva pur passare la vernice sulla fioriera! E qui c’è tutta la metafora della vita del poeta, conoscere i rischi, ma non per questo evitare di vivere.

 

La poesia di questo libro, Deposito bagagli, non è solo la testimonianza di questa saggezza raggiunta, che sarebbe banale, ma è soprattutto poesia. E la poesia sta sempre più in alto di chi la scrive, quando è vera poesia, ovviamente. E Taverna, nel suo modulo non obbligato eppure mai ordinario, raggiunge quella cosa, assai rara ormai, che è l’identità tra quello che si vuole dire e quello che viene detto. Non ha quindi forzature, ma nemmeno cadute nella prosa. I suoi sono versi, settenari e quinari e soprattutto endecasillabi naturali con accentazione sia in quarta che in sesta, con qualche verso sul modo del doppio settenario. Facilità e limpidezza, ma non banalità. E questo io credo che venga in poesia solo dal dire il necessario, ciò che si vuole realmente dire e che meriti di essere detto. Questo era della poesia classica, propria degli autori latini e greci, l’unità tra intenzione e parola.

 

Difficile antologizzare qui perché potremmo analizzare ciascun testo e ritrovare le stesse indicazioni e poi perché credo che la riflessione poetica di Vito meriti ben altro che una dissezione. Si potranno invece leggere le tracce di un percorso che il poeta fa all’interno di questi testi. Che cosa resta, superati i novanta, con la gran fortuna di aver conservato limpidissima la memoria? Innanzitutto l’amore e la sua durata eterna:

 

[…] per noi non vale il tempo che

Inesorabilmente passa.

[…] Fu sconfitto l’iniquo, tristo

Killer che tendeva agguati alla felicità.

Amore ha vinto il suo per sempre ed innalza il rifugio

Meravigliosamente

Intatto.

 

Un amore che non si è interrotto con la morte dell’amata, ma che anzi si è mondato nella purezza del ricordo e adesso non teme gli attacchi che sempre affliggono gli amori dei vivi. Mi viene in mente un altro poeta, di idee (politiche) diametralmente opposte a quelle di Vito (ma gli intelligenti si parlano, solo fra stupidi non c’è dialogo). Penso a Ezra Pound, che in uno degli ultimi Cantos, anche lui da grande anziano, facendo i conti con il percorso accidentato e vastissimo della propria esistenza, dice: Quello che veramente ami rimane / … / Quello che veramente ami non ti sarà strappato / Quello che veramente ami è la tua vera eredità.

 

Attraverso la loro opera i poeti, e Vito Taverna fra questi, ci invitano a riflettere sulla natura transitoria della vita e sulla sua essenza più duratura: l'amore, il sentimento più forte di tutti. La poesia che permea l'anima umana, testimonia la continuità dell'esperienza attraverso il tempo e lo spazio. Congedo del poeta quindi, ma non fine. Di Vito, a cui auguriamo ancora tanti anni su questo pianeta, celebriamo l’esempio di chi ha trovato l’eternità dell’attimo presente, l’uomo che può permettersi di contemplare la sua opera dalla sua casa colma di ricordi ma non di rimpianti.

 

 

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