PRIMO PREMIO FIRENZE- EUROPA
VALBONA JAKOVA: VINCITRICE DEL PRIMO PREMIO FIRENZE- EUROPA.
Sabina Darova presenta Valbona Jakova al Centro Artistico Culturale Albanese
“ Margarita Xhepa” Asti!
La poetessa e scrittrice albanese Valbona Jakova viene per la prima volta ad Asti a promuovere il suo ultimo libro con la raccolta di poesie “ Sul crinale del cuore”, pubblicato dalla casa editrice Besa|muci, e vincitrice del Primo Premio Firenze e del Premio FIORINO D’ORO – Organizzato dal Centro Culturale Firenze “Mario Conti” – Europa e Parlamento Europeo. Mi è piaciuta molto la motivazione della valutazione riferito al tuo libro e ho preferito portarlo anche all’auditorio di oggi:
“Coerente con il fluire inarrestabile del proprio nome, Valbona Jakova ci fa sentire verso a verso, il suo intenso bussare alle porte della Vita per essere ed esserci, dopo la sua infinita erranza per le periferie dell’esilio. Conseguentemente, la sua è una poesia urgente ed epifanica nell’uso della lingua letteraria, che apre alla evasione dai penitenziari del sopruso, poggiando la Parola “Sul crinale del cuore”, alla ricerca del lievito madre dei sentimenti, senza concessioni né abdicazioni, ma con un suono alto a punta di cristallo, perché cesellato dal dolore e distillato dal pensiero.”
Bellissimi apprezzamenti che ci aiutano oggi ad aprire il sipario di questo nuovo incontro di “Tea Room”, insieme con la direzione del Centro Artistico Culturale Albanese, “Margarita Xhepa”, a conoscere meglio la nostra l’ospite.
Oggi Valbona nella sua presentazione viene accompagnata da me, e dal poeta e l’amico, Fatmir Gjata.
Ma chi è Valbona Jakova?
Valbona Jakova vive da 33 anni con la sua famiglia a Brescia e lavora come Mediatrice Linguistica e Culturale.
Lei è figlia di Frano Jakova, compositore che ha ricoperto alcune importanti cariche istituzionali in ambito culturale e nipote del noto drammaturgo Kolë Jakova e dei politici Tuk e Filip Jakova.
Valbona Jakova scrive in due lingue, quella di lingua madre (albanese) e quella di adozione, in italiano. Oltre a scrivere poesie e prosa, lei è anche traduttrice. In lingua albanese dall’ italiano, ha tradotto i grandi classici come Neruda, Ungaretti, Bellintani, i contemporanei come Francesca Gallello Gabriel Italo Nel Gomez, Beppe Costa, Andrea Garbin, Valeria Raimondi, Daniela Dante, Viorel Boldis, Rosana Crispim Da Costa, Stefania Battistella, il poeta americano Jack Hirschman, e tanti altri in varie antologie pubblicate in Italia dal poeta Beppe Costa Ed. Pelicanolibri.
In lingua italiana invece, ha tradotto poeti albanesi contemporanei come Nikollë Loka, Migena Arllati, Olimbi Velaj, Luan Rama, Teuta Dhima, Agim Desku, Uk Buçpapaj, Muharrem Kurti, Engjell Berisha e tanti altri.
È vincitrice del secondo Premio del Concorso AlberoAndronico del 2011 con una raccolta di poesie “ La tempesta delle ore“. Ha vinto ancora altri numerosi premi in concorsi internazionali di poesia.
Ma entriamo nel merito libro: “Sul crinale del cuore” di Valbona.
Subito dal titolo si intuisce che si parla di un amore sublime. E chi non ha scritto dell’amore? Questo sentimento che tormenta le anime da quando è stata creata la parola?
Valbona, con le sue poesie ci porta in un mondo d’amore che non può essere privo di ombre e di “finestre chiuse”, di non avere il suo carico di dolore che fatica a tradursi in parola, di rifiuti e di lontananze, ed è spesso inarrivabile. Lei si interroga attraverso la parola per aiutare se stessa e gli altri che attraverso la lettura aiuta a scoprire se stessi, con lo scopo di stanare i sentimenti del proprio io, e di avere un approccio più giusto.
La sua poesia è concettuale, filosofica, immediata, sentimentale, piena di ritmo, fluida e ricca di figurazioni, creando concordanze tra la natura e l’uomo con forza ed energia. Il suo verso ti fa rimanere folgorato.
Valbona ha vissuto una parte della sua vita in Albania, in un sistema totalitario e cibato dalla letteratura del realismo socialista, formato dal modello russo.
Con la caduta del muro di Berlino i cancelli delle porte chiuse si sono aperti, e come un fiume in pieno primavera, tanti artisti si sono trovati in un nuovo mare dove sentivano di guidare da soli e in piena libertà le loro navi: quindi scoprire e costruire. Una di loro è stata anche lei.
Sabina: Valbona, dal momento che la tua vita ha compreso i due mondi, quello albanese e quello italiano, come si sono fusi nella tua creazione letteraria in poesia?
Valbona: I poeti s’incontrano in tanti punti, a prescindere dallo stilo che preferiscono. Ognuno di loro tende a scegliere quello stile che la rappresenti meglio, secondo i gusti che caratterizzano la sua personalità. Dire la verità, anche se scrivevo quando ero in Albania, non ero certa che ciò che scrivevo, fosse poesia. Poi mi dicevo, è inutile che scrivo di nascosto per nascondere la mia propensione sulla scrittura. Sapevo che non potevo pubblicare, non avevo questo diritto. Riflettevo su ogni situazione che mi impressionava e avevo scelto di tacere e rimuginare con la mente, i miei tanti pensieri sul futuro. Quando è arrivato il momento propizio, la mia mente era già preparata per questa fusione. Col cuore richiamavo bellezze da conoscere che mi indirizzavano verso strade dove potevo imparare tutto ciò che mi era stato negato di sapere e in questi ambiti, mi sono immersa a capofitto.
Sabina: La tua poesia sembra legata a una dimensione filosofica. Richiami sempre nei tuoi versi il mondo interiore.
Ci sono stati dei filosofi che ti hanno ispirato? Qual è stato il percorso umano esistenziale che ti ha portato alla poesia?
Valbona: Penso che non succeda solo a me. Quando nasce una poesia, noi la sentiamo come l’acqua dello spirito che scorre nelle nostre vie interiori. La dimensione filosofica, è la nostra ricerca, la nostra curiosità per capire e scoprire il fenomeno: Poesia! Non dico talento, perché molto riduttivo che una persona nasca con un solo talento e l’uomo, forse senza saperlo, nasce con alcuni talenti. La parola talento racchiude tanti significati e a volte sembra molto generica, la scrittura preferirei chiamarla, dono.
Non so se sia un dono del nostro DNA in generale o della formazione del nostro cervello in particolare che, casualmente, corrisponde a tali esigenze connesse con delle proiezioni di immagini nella nostra mente con la quale continuiamo a chiacchierare e a fare pressioni per tradure in parole lo scorrere della pelicola. C’è una contradizione poi, perché a volte la poesia nasce tutta intera, compresa la sua architettura esterna, in modo spontaneo.
A volte la poesia va ricercata dal momento che ci ha convinto che non possiamo vivere senza di essa. Qualunque sia, è un insieme di tante cose nata per darci gioia, dunque è un dono da tramandare per noi e per altri.
Per quanto riguarda la filosofia, devo dire che mi ha attratta sempre. Mi sono resa conto che a tratti, la filosofia è un rompicapo ma fa bene essere così, dobbiamo interrogarci su tanti aspetti della vita.
Il percorso esistenziale che mi ha portato alla poesia, è stato un filone parallelo alla filosofia con i suoi elementi affini in comune, seppure non molti. Così con scatti, mi hanno fatto balzare nel campo fertile della parola dove tante volte, guardavo il volto sorridente delle forme e dei concetti filosofici.
È stata la consapevolezza che dovevo progredire, che dovevo recuperare gli anni passati in stand by, anni morti, sepolti ingiustamente. Glielo devo ai miei genitori, agli occhi tristi di mio padre che si sentiva in colpa, senza avere nessuna colpa, alla “profezia” di mia madre che spesso mi diceva: non ricamare! Per il tuo futuro ti serviranno solo i libri! Per progredire, sapevo benissimo che dovevo chiedere aiuto agli italiani.
Sabina: Pasolini diceva che la poesia non è altro che trasformazione dell’odio in amore.
Conoscendo la storia di Valbona come una persona che ha sofferto nella sua gioventù la persecuzione del sistema comunista, che rapporto ha la tua poesia con il passato? Come sono tradotte le ombre delle finestre chiuse dentro in te?
Valbona: Pasolini ha detto bene. Io cerco sempre di non odiare. Quando scrivo una poesia, cerco di concludere con un po’ di ottimismo o frasi d’amore. Le ingiustizie del passato mi hanno acuito uno sguardo attento verso la giustizia che mi fa riflettere su ogni situazione umana, ancora oggi. Ricordo le mie amiche d’infanzia alle quali spesso e volentieri veniva dato l’ordine di non creare l’amicizia con me, piccola internata. Spesso mi chiedo perché loro non avevano paura e non so se un giorno glielo chiederò.
Per quanto riguarda “le ombre del passato”, ho cercato sempre di non riversare sui miei figli, un dolore mai provato. Ho insegnato a loro il coraggio ed elementi di giustizia umana, per aprire finestre e strade con merito.
Sabina: Nel tuo libro parli molto della misteriosa presenza di Dio nel mondo. Sottolinei che, sebbene i segni del Mistero diventino così evidenti in rapporto diretto al tipo di società che si va costruendo, che non mancano i ciechi, responsabili dello stato disperato della società. Gli echi di questa situazione sono le urla delle ferite di chi vuole superare da secoli questa tragedia e ancora non ci si riesce. Perché dalle rovine del pensiero, fuori dal Tempo e dalla Storia, non può nascere nulla di nuovo.
Valbona: Io ho sentito la presenza di Dio, sin da bambina. Ricordo quando ci hanno internato e per la prima volta ci hanno portato a Gramsh di Elbasan, eravamo solo quattro sorelle, i due fratelli sono arrivati dopo. Ho anche una foto da bambina, scalza, che stavo seduta sull’erba proprio perché mi piaceva tanto vedere il sole quando tramontava. La nonna materna aveva tutte le immagini dei santi e mi parlava della storia di ciascuno. Io poi, cercavo di vederli nel cielo. Si vede che tutto è un progetto, io avevo il dono dell’immaginazione.
Sabina: Che rapporto abbiamo noi albanesi con il tempo e la storia? Esiste una consapevolezza di ciò che è accaduto nei tempi passati e odierni?
Valbona: Il futuro di qualsiasi nazione o popolo, appartiene a tutti. I popoli devono riconoscere il bene superiore per trovare la guida migliore. Per un popolo colto è più facile distinguere il bene dal male e non basta. In primis è la conoscenza della storia in tutte le sue varie tape epocali e imparare dagli errori del passato. Il futuro deve scegliere gli uomini veri, non eco centristi o egoisti, uomini coraggiosi che col cuore fanno gli interessi di tutti e scelte giuste.
Sabina: Come ho citato prima, tu sei anche una brava traduttrice. Che cosa ne pensi, un poeta è soddisfatto di se stesso quando traduce le sue poesie in un’altra lingua?
Valbona: Non sempre. Sono perfezionista di natura. Quando una poesia viene tradotta in un’altra lingua, inevitabilmente si rompono tanti equilibri della sua composizione, l’armonia fra suoni, sparisce il suonare della lingua dell’origine e subentra l’altra che, nelle orecchie del traduttore esce dal tono, dunque stona. Questa è la prima impressione che il traduttore cerca di aggiustare. Quello che ho capito e che cerco di riuscire a trovare è la melodia che tasta la musicalità giusta delle parole, quelle parole che scorrendo danzano da un verso all’altro con grazia seguendo la loro melodia corale.
Sabina leggo: Tra il filo bianco d’ordito che penetra
Come luce il rosso della seta.
La tenera spada incognita
Apre uno squarcio celeste
solo per un attimo, ed io,
dal presente, contemplo il mio futuro.
Come la vedi il tuo futuro? Dove vuole arrivare la tua poesia, nasconde un messaggio?
Valbona: Secondo il mio parere, è bene che la poesia contenga un messaggio. Solo così la poesia compie la sua missione per cui è nata. La poesia è testimone di un’epoca, con il suo messaggio, con la sua idea, con le sue parole scelte da chi l’ha scritta. La poesia che contiene tutti questi ingredienti, che nasce in un momento preciso della storia, rappresenta la storia per oltrepassare i tempi! Il futuro appartiene ai nostri figli e per il bene di tutti, auguro un futuro molto migliore del nostro!
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