Saturno Magazine, Articolo: LA STORIA DI PAOLA

LA STORIA DI PAOLA

 

Paola, giovanissima, vive a Verona, famiglia medio borghese.

Ha sempre amato studiare ma la sua grande passione è lo sport, ne fa tanto, tennis, piscina.

L’anno scolastico stava per finire e si rese conto che la matematica, una sua pena, le sarebbe rimasta da riparare a settembre.

Già pensava al rimprovero che avrebbe ricevuto dal padre e al rimprovero della madre che avrebbe dovuto rinunciare alle vacanze perché Paola doveva studiare.

PAOLA: “Mi sentivo in colpa, sapevo che sarebbe saltata la vacanza che mia madre attendeva da un anno, sapevo che avrei dato dispiacere a mio padre, ma la matematica non faceva per me, la odiavo letteralmente.

Mio padre chiamò un suo collega la cui moglie insegnava appunto matematica.

 Tre volte a settimana andavo a lezioni, la prof era una donna dolcissima e molto paziente, un giorno la prof. mi telefona dicendo che la lezione del giorno sarebbe saltata, la figlia stava partorendo due gemelle.

Felice di avere il giorno libero, felicità che durò poco, mio padre si affrettò a chiamare un altro prof per non farmi perdere un giorno di studio.

Mi accompagnò dicendomi che sarebbe venuto a prendermi dopo due ore, intanto avrebbe fatto dei giri per lavoro.

Mi accomodai nello studio e il prof iniziò a farmi domande su cosa studiavo con l’altra prof. Sembrava tutto normalmente noioso, come una normale lezione di matematica, quando ad un certo punto, sentii qualcosa sfiorarmi la gamba, pensai fosse un gatto sotto il tavolo e mi spostai con la sedia per guardare ma non c’era nessun gatto, notai però la gamba del prof che era vicino alla mia, mi spostai senza pensare  a nulla di cattivo per il prof, semplicemente pensai che forse la scrivania era troppo piccola e quindi per lui era scomodo.

Ma presto mi accorsi che non era così, la sua gamba iniziò a sfiorare la mia ed io imbarazzata spostai la sedia fingendo di voler meglio sistemarmi alla scrivania.

Il mio cuore iniziò a battere così forte che pensavo mi sarebbe saltato fuori dal petto, capivo che era un uomo non perbene e con ansia guardai l’orologio sperando che mio padre venisse a prendermi.

” Perché guardi l’orologio? Non ti piace stare qui con me?

Non ti sono simpatico?

Lo sai che le mie alunne mi amano tutte?

E tu? Tu non mi ami?”

 Sentivo che stava per succedere qualche cosa di non bello, il prof decisamente era malato, mi guardai intorno per cercare una via di fuga, quella casa enorme e piena di lugubre mobili antichi, sembrava un museo degli orrori e lui era il pezzo forte.

Ad un tratto posò la sua mano sulla mia coscia feci per alzarmi e mi strinse forte la coscia per farmi rimanere seduta

”Dai, divertiamoci un po, non vuoi divertirti? Non vuoi farmi felice? Anche se sei giovane, scommetto che sei già stata con un uomo vero? A me puoi dirlo, io non lo dirò a nessuno.”

Con forza afferrai la sua mano che stringeva la mia coscia, e dissi di lasciarmi stare e che l’avrei detto a mio padre. A quelle mie  parole divenne violento, si incattivì ”

” Lo dirai a tuo padre? E vediamo un po, cosa gli dirai? Che mi hai messo la mano dove una ragazzina perbene non dovrebbe? Che sei più sveglia di quanto sembri? Cosa pensi che farebbe tuo padre? Io lo conosco da 30 anni, sa che persona sono e sa che peperoncino sei, cosa credi che io non ti vedo a scuola quando scherzi con i compagni? A te piace più di quanto piace a me, devi solo ammetterlo e dirlo a tuo padre, sono certo ti costerebbe finire le scuole in collegio, perché di certo tuo padre crederebbe a me.”

 Quelle parole mi distrussero, mi venne il dubbio che mio padre davvero avrebbe creduto a lui e non a me. Saltai dalla sedia appena lui allentò la presa, mi affrettai a correre verso la porta. Mi sentivo perduta, corsi in strada e seduta   sullo scalino di una panetteria, sentivo il cuore impazzito. Non sapevo che fare, dovevo dirlo a mio padre oppure no? E se davvero non mi avrebbe creduto e rinchiusa in un collegio? Un altro dolore alla famiglia. Certo sono sempre stata una ragazza attiva e spiritosa ma di certo non ero una ragazza facile, ero come tutte le ragazze della mia età.

Oggi ho 27 anni, mio padre è morto un anno fa, una malattia che non ha avuto pietà. Io laureata in informatica lavoro a Roma e spesso vado a trovare mia madre. Quell’episodio non l’ho mai dimenticato. Mi chiedo se mio padre mi avesse creduto, mi chiedo se quel prof, sarebbe stato punito, con una mia denuncia.

Mi chiedo se quel prof. Insegna ancora.

Mille le domande e una sola l’amarezza: non aver detto tutto a mio padre, non aver denunciato.

Spesso mi capita di avere incubi e rivivo quel brutto episodio che ha segnato la mia vita.

Immagine: DISEGNO realizzato da Roberta Marino 

 

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