Vasilij Kandinskij (Mosca 1866-Neuilly sur –Seine 1944) ha rappresentato qualcosa di inafferrabile nella storia della pittura del ventesimo secolo; una inafferrabilità dovuta allo svolgersi profondo, non convenzionale della sua arte. Kandinskij sin dagli esordi cerca la sua dimensione, che nel corso della vita si farà sempre più pluridimensione, con un’attenzione meditata e concentrata sul rapporto tra il dipingere e l’interiorità, che poi si farà liberazione inventiva assoluta.
Egli era un russo nella sua matrice spirituale, nel suo ragionare incessante, nel suo scavare per rievocare, per elaborare e rielaborare e infine per accogliere, come in una sintesi fulminea ma complessa, tutta la drammaticità evolutiva d’una concezione artistica che apre a nuovi spiragli di ricerca del pensiero moderno e a nuove prospettive della modernità.
Sarebbe stato un buon professore di diritto o un interessato etno-antropologo se egli non avesse intrapreso l’attività di pittore. Il suo essere russo gli forniva un senso remoto dello spirituale e della profondità simbolica dei colori, degli accostamenti. E la sua pittura si spiegava con questo iniziale rapporto tra l’esigenza di riprendere il lontano delle origini e il porsi la meta di nuove ardite espressività. Così il ricorrente dell’immagine del cavaliere a cavallo, l’atmosfera fiabesca-onirica esprimono nel primo Kandinskij proprio il legame tra originarietà lontana e l’ambizione a nuove prospettive tecnico-artistiche del dipingere. La coppia a cavallo, olio su tela del 1906-1907, che si trova presso lo Städtische galerie im lenbachhaus si distingue per la tecnica: influenzato dal pointillisme, che era una tecnica praticata da George Seraut, il pittore russo crea una sorta di preziosismo raffigurativo del quadro, coi colori ben dosati e densificati in modo tale da dare l’impressione di un’atmosfera d’altri tempi, cioè lontana dal tempo presente ma che offre una possibile forma di sviluppo del dipingere, per cui la bellezza non è solo un fatto di esteriorizzazione ma di elaborazione che si traccia nella profondità dei pensieri. Sembra un Kandinskij che anticipa le tematiche e i modi dell’onirismo e di un sentire l’immagine artistica oltre un dato oculare.
La montagna blu, che si trova presso il Solomon R.Guggenheim Museum, e che risale al 1908, propone ancora il tema del cavaliere. Il cavaliere è personaggio della tradizione antica medievale, ma è anche ciò che va verso il lontano, che lotta per i nobili ideali, egli è l’emblema di una nuova costruzione del vivere l’arte come esperienza di elevazione espressiva e di comunicazione intensa d’una verità. Nella montagna blu sono già presenti quei colori che si svilupperanno in seguito nell’arte del pittore russo: il blu appunto, che rappresenterà il colore della profondità, dell’anima, e poi i colori vivi, intensi, come il rosso o il giallo. Kandinskij prende da tante esperienze: dalle potenti immagini russe, o dall’espressionismo o dai fauves.
“Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde(Vasilij Kandinskij da Dello Spirituale nell’Arte, 1911), in tale affermazione ci sta il manifesto kandinskijano sulla pittura, un manifesto che tenderà poi in senso evolutivo, in un divenire costante di razionalizzazioni e di emozioni, che è inciso da un messaggio universale. Giallo, rosso e blu del 1925, e che si trova a Parigi, presso il Centre Pompidou -Musée National d’Art Moderne, esprime a pieno il periodo tedesco passato da Kandinskij presso la scuola della Bauhaus, il centro formativo artistico della Germania weimariana, e acquista una leggerezza di dinamismo e di vivacità che fa sì che la utilizzazione geometrica non vada a discapito della genialità simbolica del pittore russo. In questo quadro compaiono la scacchiera e certe lineature a spirale che saranno ricorrenti in altre opere del pittore russo. Accento in rosa, del 1926 e che si trova anche presso il Centre Pompidou, accentua la ricerca di forme e di combinazioni formali di Kandinskij: il cerchio s’associa al quadrato, e diversi cerchi sembrano essere orbitanti in una dimensione astratta del pensiero. Il cerchio è il nuovo simbolo della pittura kandinskijana e si rafforza il convincimento dell’estetica pittorica giocata su più piani. Per Kandinskij gli accostamenti hanno delle ben determinate funzioni, in particolare simboliche-espressive, per cui si crea un’armonia di nuova potenza lirica.
Le evoluzioni non finiscono mai per Kandinskij che nel quadro intitolato Trenta, che è del 1937 e si trova pur esso al Centre Pompidou di Parigi, fa intravedere in maniera lapalissiana il passaggio ad una fase in cui ciò che lo attira, lo coinvolge e lo interessa è la biologia della vita, è il corpo dei viventi che prende diverse forme. Gli esseri viventi nella loro fase embrionale acquistano il valore d’una evidenza, d’una intenzionale ricerca che va ancora una volta simboleggiata. L’effetto è quello di una scacchiera, che come in un prospetto laboratoriale, inventaria le forme mediante l’accostamento del nero e del bianco. La visualizzazione è talmente moderna che sconvolge i piani, rende l’organicità che assume la forma pittorica, una organicità che si ricollega a una inesauribile analiticità, ad una inesauribile cura del dettaglio, ad una evidente costruzione formale-contenutistica che prescinde da un astrattismo puro e, che, invece coglie un astrattismo che elabora il concreto della vita.
Blu di cielo, dipinto del 1940 e pur esso presente al Centre Pompidou, è una narrazione delle figure fantastiche, possono sembrare piccoli aquiloni o dei clown, ma queste figure sono leggiadre, si muovono in un mondo dove alla mente non si danno confini, dove sembra esservi un riferimento alla primigenia forma della vita, ossia la biologia delle cellule che fa la biologia di ogni essere vivente. Il minuscolo affonda nel colore del blu ceruleo, quasi ad evocare i due aspetti dell’infinito e della profondità dell’anima.
Kandinskij ha avuto diverse fasi nel suo essere pittore, s’è accostato profondamente alla musica, specie a Arnold Schonberg, che fu uno dei grandi innovatori e sostenitori del metodo dodecafonico, infatti il pittore russo in alcuni suo quadri abolì la distinzione tra linee e colori. “Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita”(Vasilij Kandinskij, da Dello Spirituale nell’Arte, 1911), in queste parole ci sta tutta la capacità kandinskijana di sentire gli accostamenti tra le arti, e tra le stesse arti e l’anima e all’interno dell’arte pittorica tra il divenire del linguaggio visivo e il visionario interiore. Vasilij Kandinskij ha segnato l’arte pittorica del novecento e la storia dell’arte contemporanea non solo perché ha innovato il modo e i contenuti del dipingere, ma pure perché ha permesso ai diversi linguaggi di confrontarsi, di parlarsi profondamente sino a incontrarsi nell’alta sfera di una nuova etica ed estetica dello spirito umano. Se egli ci ha fornito la fondazione dell’astrattismo è anche vero che ha vissuto la dialettica drammatica delle scissioni tra il vecchio della tradizione e il nuovo delle avanguardie, ma alla fine ci ha donato una ricomposizione e ricondotto l’arte alla sua sorgente ispirativa.
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